I problemi ambientali e la cosiddetta “crisi ecologica” hanno interessato la filosofia già a partire dagli anni ’60. Si è sviluppata, così, l’Environmental Philosophy, una riflessione filosofica che, preoccupata dall’emergenza ecologica, ha cercato di ripensare le modalità di relazione tra l’essere umano e l’ambiente naturale. Ad oggi, tuttavia, nessuna delle varie proposte teoriche ed etiche avanzate da questo movimento filosofico sembra in grado di incidere efficacemente sulla prassi e di produrre in essa dei cambiamenti effettivi.
Il libro prende le mosse dall’ipotesi che tali difficoltà dipendano da una mancanza di interrogazione critica della nozione di soggetto e si propone di ripensare caratteristiche e confini della soggettività utilizzando la lente della fenomenologia husserliana. In particolare si concentra sulle riflessioni che Husserl dedica alla questione animale, ponendo attenzione sia alle opere edite sia alle opere ancora inedite del filosofo. Ne emerge una riscoperta attualità del pensiero husserliano, legata alla sua capacità di offrire un’interpretazione originale della soggettività e di sollecitare al ripensamento delle soluzioni di etica ambientale già esistenti alla luce delle strutture e delle dinamiche dell’esperienza.
Premesso che il dibattito etico sull’ambiente rappresenta una materia complessa, ancora in fase espansiva e, pertanto, non esauribile all’interno di rigide classificazioni, è possibile distinguere due diverse impostazioni dell’etica ambientale, sulla base della natura delle giustificazioni che le diverse posizioni forniscono per il riconoscimento della rilevanza morale dell’ambiente e degli altri esseri viventi. Si tratta di una distinzione che nasce all’interno dello stesso dibattito dell’etica ambientale e, in particolare, nel 1973, quando uno dei fondatori di questo stesso dibattito, il filosofo norvegese Arne Naess, pubblicò un breve contributo dal titolo The shallow and the deep, long range ecology movement. Benché la terminologia “shallow” e “deep” non sia unanimemente accettata, per via di una sua implicita connotazione valutativa, e si preferisca ricorrere a etichette come “etiche ambientali riformiste” ed “etiche ambientali radicali”, oppure come “ambientalismo” ed “ecologismo”, dietro le diverse scelte terminologiche viene mantenuto il nucleo della distinzione teorica compiuta, a suo tempo, da Naess. Mentre, dunque, il primo genere di etiche ambientali sostiene che è possibile far fronte alle nuove questioni poste dal comportamento dell’essere umano verso l’ambiente attraverso un allargamento, un’estensione (o una non sostanziale revisione) delle categorie dell’etica tradizionale, il secondo gruppo afferma che il problema dei rapporti fra l’essere umano, gli altri viventi e l’ambiente naturale rappresenta una novità tale per l’etica da richiederne un rinnovamento totale, basato su una trasformazione radicale del concetto di valore.