Andrew Abbott

Andrew Abbott è uno dei più grandi teorici sociali viventi. Ha diretto l’American Journal of Sociology e il Dipartimento di Sociologia dell’Università di Chicago, dove attualmente insegna. È conosciuto per i suoi studi sulle professioni e per l’introduzione pionieristica di alcuni metodi informatici e delle scienze storiche in sociologia. I suoi testi più celebri sono The System of Professions (1988), Chaos of Disciplines (2001), I metodi della scoperta (2007), Processual Sociology (2016).

La Scuola di Chicago e il suo tempo

La Scuola di Chicago fu la voce dominante nella sociologia americana dal 1890 fino alla Seconda Guerra Mondiale. Già in declino durante gli anni Trenta, venne eclissata durante la Guerra e subito dopo dalla sociologia della grand-theory e dalla sociologia basata sulle inchieste campionarie, di base ad Harvard e alla Columbia University. L’ortodossia emergente iniziò a guardare alla sociologia di Chicago e ai suoi discendenti come a una “opposizione leale”, per dirla in termini politici. E fu proprio questo nuovo status di “opposizione” che portò gli eredi della tradizione di Chicago a decidere che era esistito un qualcosa come la Scuola di Chicago e che era giunto il tempo di scriverne la storia.

Come notato in precedenza, la maggior parte delle versioni di tale storia si focalizza sulla Prima Scuola di Chicago, quella che durò dal 1915 a 1935 e che consistette di Robert Park, Ernest Burgess e di un rimarchevole gruppo di loro dottorandi le cui tesi edite sono ancora oggi avvincenti. Tale versione della scuola di Chicago si radicava su tre cose: il manuale di Park e Burgess del 1921 con la sua visione processuale del mondo sociale; il concetto della città come laboratorio; e una metodologia basata sul coinvolgimento diretto e personale in tale laboratorio tramite qualsiasi tecnica di raccolta dati possibile, dall’etnografia all’analisi istituzionale.

Sappiamo oggi che tali temi a Chicago non furono inaugurati da Park e Burgess ma dai fondatori della sociologia di Chicago, Albion Small e Charles Richmond Henderson, e dalla loro prima generazione di studenti, in particolare George Vincent e W.I. Thomas. Ne Il Contadino Polacco in Europa e in America, pubblicato in cinque volumi fra il 1918 e il 1921, la scuola ha il suo testo simbolicamente centrale: sostanzialmente importante, teoricamente comprensivo, universalmente letto ed enormemente influente. Fu proprio la lettura di Thomas e Znaniecki che ispirò i migliori studenti degli anni Venti.

Per tale influenza diretta, userò qui l’espressione “Scuola di Chicago” per etichettare l’intera tradizione del pensiero sociologico di Chicago, da Small ed Henderson negli anni Novanta dell’Ottocento, passando per Thomas, sino a Park, Burgess e i loro studenti negli anni Venti. Tutti costoro condividevano una visione unificata e piuttosto integrata della vita sociale. Essa consisteva non di strutture, ruoli e norme ma di gruppi e di processi, che si confrontano perennemente tramite il contatto, il conflitto e l’adattamento reciproco. I fatti sociali sono sempre localizzati nel tempo e nello spazio, e sempre modellati o persino determinati dal loro contesto. L’organizzazione sociale, la disorganizzazione e la riorganizzazione rappresentano processi perpetui, e i gruppi sono considerati in perpetuo movimento e trasformazione. “Il mondo”, nelle parole risonanti del loro collega filosofo George Herbert Mead, “è un mondo di eventi.”

L’insistenza metodologica dei chicagoans nello studiare la vita sociale da vicino rende inspiegabile il fatto che non vi sono lavori focalizzati sulla burocrazia e sulle organizzazioni formali condotti in quello che è considerato il canone di Chicago. Dopo tutto, l’organizzazione formale e l’esperienza burocratica iniziarono a comparire nella vita dell’americano medio solo negli anni Venti, tramite il postal banking, le tasse sul reddito, il servizio militare e il registro dei veicoli. Tuttavia, in generale, l’esperienza dell’americano medio non era ancora dominata da qualcosa come l’organizzazione formale. Un quarto dei lavoratori americani era impiegato nelle fattorie, che contavano in media 2.13 lavoratori nel 1920. Nello stesso anno, gli stabilimenti tessili contavano in media appena 130 lavoratori e la maggior parte di essi aveva ricevuto un subcontratto da un caporale. Né esistevano aspetti non lavorativi più burocratizzati, nella vita quotidiana. Nel 1920, per quanto l’80% dei bambini fra i cinque e i diciassette anni frequentasse una scuola, rimanevano più di 190,000 scuole pubbliche con un solo docente. Gran parte delle trentamila banche della nazione erano piccole agenzie di affari locali. Non esisteva alcuna assicurazione sanitaria, a parte pochi programmi sindacali o aziendali.

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201812nov2:00 pmUniversità di Roma "La Sapienza": Presentazione di Lezioni italianedi Andrew Abbott2:00 pm Università di Roma "La Sapienza", RomaAppuntamenti:Andrew Abbott

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