Alessia Giacone, La possibilità necessaria. Aristotele nella Dottrina dell’essenza di Hegel

Esiste un’analogia tra la concezione hegeliana dell’essenza e l’essenza aristotelica? E qual è l’impatto di quest’analogia nella generale economia della Scienza della logica? Attraverso alcuni luoghi significativi della Dottrina dell’essenza, e servendosi dell’interpretazione che Hegel stesso ha dato della filosofia dello Stagirita nelle Lezioni sulla storia della filosofia, l’autrice invita a ripensare questa parentela, una parentela finora ritenuta più lessicale che veramente speculativa. L’essenza come potenza, il senso di passato necessario che essa evoca, il suo ruolo fondativo in quanto riflessione, la problematica determinazione finale come Wirklichkeit: a partire dall’indagine di questi snodi teoretici fondamentali, il concetto hegeliano di Wesen si delinea gradualmente come un’originale rielaborazione del ti ên einai di Aristotele, nella paradossalità di un costitutivo, necessario tendere dalla potenza all’atto senza mai poter davvero diventare quest’ultimo.

L’essenza di Hegel e l’“essenza” di Aristotele

Un importante contributo circa il rapporto tra l’essenza hegeliana e l’essenza aristotelica, o per meglio dire il ti en einai, è stato proposto, sia pure marginalmente, da Herbert Marcuse, nel suo molto noto Hegels Ontologie und die Grundlegung einer Theorie der Geschichtlichkeit, del 1932. Riallacciandosi all’osservazione linguistica di Hegel che apre la Dottrina dell’essenza, ovvero che il tedesco ha conservato l’essenza nel tempo passato (gewesen) del verbo essere (Sein), Marcuse caratterizza l’essenza hegeliana come Gewesenheit, come la generica categoria dell’esser-stato, e in questo senso riflette su come l’essenza, in quanto non dell’essere, sia sempre l’altro dell’immediatezza e della presenza: «[q]uesto ‘non’, questa negatività è l’immediatamente presente sempre già stato in ogni momento». Il vero essere dell’essere risulterebbe questa negazione dell’ente che esso nella sua presenzialità non può mai esprimere: infatti, l’essere dell’ente presente «si trova sempre già in un passato, ma è, per così dire, in un passato ‘intemporale’». In questo senso Marcuse scrive che il concetto hegeliano di essenza «significa un’autentica riscoperta e al tempo stesso una nuova determinazione della categoria aristotelica del ti en einai».

Il prosieguo dell’argomentazione di Marcuse fa leva su una bella immagine molto conosciuta, quella della pianta negli stadi del suo sviluppo. Il suo esistere ora come germe, ora come fiore, ora come frutto non significa che essa sia, nel senso di essere veramente, come una sola di queste determinazioni. Si tratta infatti di immediatezze che non costituiscono l’unità vera di quella cosa chiamata pianta. Neppure tutte queste cose insieme, in piena coerenza con l’argomento aristotelico che un’unità non può essere tale per mera aggiunzione o accidentalmente, ci dicono l’essere vero, cioè l’essenza, della pianta.

Recensioni

201821nov2:00 pmArchives de Philosophie: Recensione a La possibilità necessariadi Paolo Giuspoli2:00 pm Archives de Philosophie, ParisRassegna stampa:La possibilità necessaria

201826ago(ago 26)2:00 pmGiornale di Metafisica: Recensione a La possibilità necessariadi Gabriele Papa(agosto 26) 2:00 pm Giornale di Metafisica, BresciaRassegna stampa:La possibilità necessaria

Nessun commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

X