Il ritratto di Berg tracciato da Adorno in questo libro è diventato un classico della critica e dell’analisi musicale. Partendo dall’individuazione del «tono» di Berg, del «miscuglio di tenerezza, nichilismo e confidenza con la massima caducità» che lo caratterizza, Adorno chiarisce il significato del rapporto del compositore austriaco con l’eredità del passato, la complessità e ricchezza delle mediazioni e delle articolazioni che si addensano nella sua musica, gli aspetti radicali del pensiero di quello che definisce il «maestro della minima transizione». Aspetti che erano sfuggiti alle sterili e superate polemiche sulla posizione «regressiva» di Berg all’interno della Scuola di Vienna. E anche tali riserve trovano nella compiutezza della visione critica di Adorno adeguata risposta. Viene così affermata l’inseparabilità degli aspetti della poetica berghiana dalla personalità dell’uomo e del musicista. Scrive Adorno: «La sua concretezza, la grandezza della sua umanità, sono dovute alla tolleranza nei confronti del passato, cui egli dà spazio, ma non accogliendolo alla lettera, bensì ritornandovi in sogno e nel ricordo spontaneamente affiorante. Fino all’ultimo egli si nutrì dell’eredità del passato e sostenne così il fardello sotto al quale si curvava la sua alta figura. Quell’eredità ha impresso nell’opera i suoi inconfondibili tratti fisiognomici».
L’analisi e Berg
Berg era amico delle analisi. Da giovane si dedicò scrupolosamente all’analisi di alcune opere di Schönberg, dei Gurrelieder, di Pelleas und Melisande, e della prima Kammersymphonie. Esse sono pubblicate, sebbene da tempo non cosi note come meriterebbero, e soprattutto l’analisi della Kammersymphonie, un pezzo ancora oggi assai difficile, può essere considerata esemplare. Sarebbe opportuna una pubblicazione che le raccogliesse. Il saggio sul Quartetto in re minore di Schönberg apriva la prospettiva d’un intero libro su quell’opera, che purtroppo non fu scritto; l’analisi della Träumerei ha, oltre a tutti gli altri, anche il merito di applicare in modo assai fruttuoso a un’opera di musica tradizionale le esperienze del pensiero nato alla scuola di Schönberg, fondato sulla variazione motivica. È uno dei pochi testi che rispondono in modo preciso, o, per usare una parola cara a Berg, “rigoroso”, a chi si pone la domanda perché una certa opera d’arte venga a ragione definita bella.