Antonio Pieretti, Remo Piccolomini, Agostino. La passione per la verità

AgostinoNella ricerca del senso della vita ad Agostino si dischiude un orizzonte che gli rivela la presenza della verità nell’intimo stesso della sua interiorità. Tuttavia, si rende conto che per raggiungerla deve seguire non solo la via della conoscenza ma anche quella dell’amore. Essendo creato, infatti, l’uomo ha il suo fine in Dio, ossia in colui che lo costituisce come bene. Solo se si affida umilmente al suo creatore egli può godere già in terra della verità per eccellenza. Nella libera dedizione a Dio l’uomo cresce intellettualmente, si purifica moralmente e perfeziona il proprio essere. È questo lo sfondo in cui s’inscrive la vicenda esistenziale e filosofica di Agostino. Così le sue opere, pur scaturendo da una motivazione immediata, ne richiamano un’altra, ben più profonda, rappresentata dalla ricerca della verità e assumono significati e risonanze non riconducibili soltanto alla sfera temporale.

Un testamento spirituale

Nel 429 i barbari, dopo aver attraversato lo Stretto di Gibilterra, giunsero in Africa. Galla Placidia mandò Dario, che favorì la riconciliazione della corte bizantina con Bonifacio. Ma questi, con il suo esercito, non riuscì a contenere la violenza dell’attacco dei Vandali e fu sconfitto, per cui si ritirò a Ippona, che allora era ben fortificata. Agostino si avvide della drammaticità del momento; Possidio infatti riferisce che, «un giorno, mentre pranzavamo con lui e parlavamo di questi argomenti, […] ci disse: “Sappiate che in questi giorni della nostra disgrazia ho chiesto a Dio questo: o che si degni di liberare la nostra città dall’assedio dei nemici o, se la sua volontà è diversa, che renda forti i suoi servi per poter sopportare questa volontà; ovvero, che mi accolga presso di sé, uscito dal mondo».

Ippona non solo non venne liberata, ma fu messa a ferro e fuoco. Agostino, benché si rendesse conto che la speranza di pace celebrata nel De civitate Dei si stava spegnendo, era fiducioso che il Signore non avrebbe abbandonato il suo servo: «Fece scrivere i salmi davidici che trattano della penitenza […] e fece affiggere i fogli contro la parete, così che, stando a letto durante la sua infermità, li poteva vedere e leggere, e piangeva ininterrottamente a calde lacrime».

In questa condizione egli cominciò a rivedere la sua lunga e travagliata esistenza e si convinse di aver ricevuto tanti benefici da Dio. Desiderando ardentemente di rendergli grazie, ricorda Possidio, si ritirò in raccoglimento e, affinché nessuno lo disturbasse, «circa dieci giorni prima di morire, disse a noi, che lo assistevamo, di non far entrare nessuno, se non soltanto nelle ore in cui i medici entravano a visitarlo o gli si portava da mangiare». Si sentiva ormai distaccato da tutto; d’altro canto, non si era mai legato ai beni materiali e quindi l’unico testamento che gli restava da fare era soltanto quello spirituale.

Così, mentre i Vandali distruggevano la sua città natale e tutta l’Africa romana, Agostino morì: era il 28 agosto 430. Possidio scrive che, «per accompagnare la deposizione del suo corpo, fu offerto a Dio un sacrificio in nostra presenza», e poi fu sepolto nella Basilica pacis, dove aveva pregato con i suoi confratelli.

Il desiderio di raggiungere la verità, che aveva segnato tutta la sua vicenda terrena, si era compiuto: finalmente Agostino realizzava la grande aspirazione di essere beato nella contemplazione di Dio, perché, come aveva scritto, in questa esperienza «riposeremo e vedremo, vedremo e ameremo, ameremo e loderemo. Ecco quel che si avrà senza fine alla fine».

Recensioni

20.07.2018 // La Civiltà Cattolica

Antonio Pieretti, Remo Piccolomini, Agostino. La passione per la verità, Orthotes Editrice, Napoli-Salerno 2017, 334 pp., 24 euro (collana: Ethica)

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