AdaTeoriaFemminista è un laboratorio collettivo che sperimenta nuovi punti di avvistamento sul reale a partire dalle teorie femministe. Nata a Napoli nel 2006 dalla relazione politica di Lucia Mastrodomenico e Angela Putino la rivista www.adateoriafemminista.it si propone come campo di sperimentazione teorico-politica tra donne (e uomini) di diverse generazioni. In questo volume sono raccolti su carta tutti numeri di AdA che in questi anni hanno prodotto riflessioni in presa diretta sugli avvenimenti che investivano le nostre vite: il neoliberalismo, la camorra, la biopolitica, la caduta dell’ordine simbolico patriarcale, i rifiuti, la nascita, la fatica, il lavoro… Una teoria non è un ombrello, non serve a proteggersi dalla realtà ritagliandosi piccoli spazi sicuri e garantiti, ma è una bussola per navigare in mare aperto. Si parte da sé, dalle proprie vite incarnate, dalla propria passione per il mondo per leggere e capire, per sperimentare nuove forme del vivere in relazione. Tra queste pagine troverete anche belle immagini come le copertine di Stefano Perna, i disegni di Giulia D’Anna Lupo, le foto di Davide Chiarito, e alcuni inediti tra cui alcune poesie di Giovanna Petrelli, un testo e una foto dell’artista napoletano Raffaele Luongo e un testo scritto a quattro mani da Lucia Mastrodomenico e Angela Putino.
Ada funziona su un contagio, su una contaminazione, non su un’appropriazione: è il frutto di un esercizio di pensiero in cui tutte siamo chiamate a mettere in gioco la nostra capacità di fare teoria nella condivisione di un tempo e di una parola. Anche di uno spazio. Del resto, la frase di Filolao cara a Simone Weil e ripresa spesso da Angela ha accompagnato il sorgere di Ada sin dall’inizio: «L’armonia è l’unificazione a partire da un miscuglio. Essa è il pensiero comune di ciò che pensa separatamente». Da questo comune che mantiene la singolarità irriducibile di ciascuna di noi, è nato il desiderio di andare avanti; sappiamo che tutto ciò che faremo avrà sempre a che fare con un lascito teorico che per noi non è una semplice eredità da gestire, ma un’occasione per continuare a pensare con loro, nell’intreccio di temi su cui ci hanno invitato a riflettere. Questo è ciò che vogliamo preservare della casualità di averle incontrate e di esserci trovate noi: non abbandoneremo il pensiero e nemmeno la scrittura. Essere sante oggi, tema non facile per molteplici motivi.
Il primo ci è parso quasi insuperabile e di grande intensità: come affrontare il tema dell’“essere sante” dal momento che si tratta di “presentarsi” nelle vesti (ma diremmo meglio “nelle carni”) di ciò che per forza di cose cade ancora (e sottolineiamo questo ancora, rintracciando in esso l’unica linea di disgiunzione in grado di intercettare l’oggi) fuori della nominabilità? Tema, dunque, in un certo senso intrattabile, a meno di riuscire a fare un giro tale su se stessi, e su tutto quanto questa parola comporta) da imbattersi in nuove parole, nuove diciture, nuove formulazioni, in un radicale “fuori-di-posto”. Sembrerà strano dirlo da subito, ma è grazie alle teorie matematiche infinitarie che siamo riuscite a orientarci, in questa zona dell’ancora insaputo.
Il secondo motivo è stato la necessaria condizione di comparizione plurale dell’essere sante, anche questa di non poco conto. Abolire “la santa” ha significato molte cose. Innanzitutto l’impossibile inclusione nella classe dei santi, quella a cui si appartiene per canonizzazione, e dunque l’avvio per le sante verso una classe propria di cui rimanevano da individuare, processo e modalità di comparizione. Anche qui un altro problema, perché se è di comparizione che si tratta, e di questo si tratta, come appare e secondo quali modalità si dà l’evento dell’essere sante? Chiamarsi fuori dagli istituti canonici, dalla titolarità così come dalle opere pie, abolire l’etichetta di uno status, poneva infatti il problema del tempo e in particolare della durata.